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mercoledì 12 novembre 2008

Nick Beat sempre tra noi....






Nick Beat non si stancava mai di guardare quella città dal basso verso l'alto, quella città che era così mai deserto. Non smetteva di stupirsi di ogni mondo nascosto dentro il grigio colosso urbano. Stava imparando ad annusare un po' di casa anche qui, in quella chiesa che rievocava quella chiesa, in quel colore che ricordava quel colore. Ma con gli odori, Nick Beat, iniziava a fare confusione e non era poi così scontato riconoscere il profumo di lavanda della via della polvere poichè si confondeva un po' al profumo di zafferano. Chi apparteneva a quale ricordo? Era una vertigine repentina, poi tutto tornava diatopicamente e diacronicamente al proprio posto.

Erano giornate come quella che rendevano Nick Beat uno spasimante della città. Quando tutto l'uniforme manto grigio di cielo, marmo e selciato, veniva squarciato da labbra ferrose arancio antico che si schiudevano in un sorriso beffardo capace di colorare un pensiero. Milano era questo in fondo: uno svelarsi di inquadrature e sfondi che si potevano cogliere solo trascendendo dall'immagine glale per scendere nel dettaglio, un artistico alternarsi di zoom e grandangoli da immortalare.


....dedicata a Liviusss

sabato 18 ottobre 2008

Nick Beat scopre il Leoncavallo





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Così Nick Beat svoltò l'angolo di un viale triste e si trovò nella strada chiusa.Vide la storia scritta a vernice su di un muro dimenticato. Entrò nella porta aperta tra la ruggine da sequestrare e seguì la musica. Il lamento di contrabbasso e donna arrivava dall'interno dell'edificio ... o della sua anima, questo Nick Beat non riusciva ancora a distinguerlo.

Superò le stanze quasi vuote, andò oltre i tavoli e i voli persi di occhi fumosi . Trovò una luce blu e poi rossa, e poi la corda, e poi un sentiero tracciato da chilometri che aveva percorso e oceani che aveva dimenticato. Trovò Il Suono di donna che si espandeva nella cassa armonica dei suoi ricordi vagabondi. Conosceva poco quella musica, ma era sicuro di averla già sentita in più di un porto e ora la ritrovava lì, nell’ultimo angolo cementizio ripudiato dalla città senza confine, colorata per un istante di rosso e di blu, nero alle pareti e vetri infranti. Qui, per la prima volta dal suo arrivo, aveva ritrovato quella contrapposizione dura agli occhi e dolce per il cuore, quella malinconia raccontata in un sorriso nascosto da un microfono che ne amplificava la profondità. Ad ogni latitudine era rimasto rapito da ogni odore di porto, dalla favola di un sorriso che cantava struggente abbandono. Ed era di nuovo in ogni parte del mondo e di nuovo sentiva di non appartenere ad alcun luogo.


Si perse nella birra di brina e plastica, la stessa di ogni pessimo bar del mondo, quella che pesa come poche monete tintinnanti, pochi pensieri e una buona dose di solitudine. La stessa, sempre la stessa, che lo faceva sentire in compagnia ad ogni passo e sorrise della confusione che si accalcava sulla sua lingua muta.


Si sedette, tirò fuori dalla tasca un po' di carta sgualcita e prese a scrivere con la penna che, proprio come la solitudine, non lo abbandonava mai: "E così svoltai l'angolo di un viale triste ..."


lunedì 14 luglio 2008



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NICK BEAT E L'INSONNIA


Non dormiva Nick Beat quella notte. Forse era il caldo che non andava a dormire, forse era la polvere del deserto che graffiava gli occhi. Forse appunto, perché Nick Beat non sapeva quando e dove i suoi pensieri avevano preso il posto del sonno.




Non erano pensieri importanti a tenerlo sveglio, si ostinava a non voler pensare e ad interpretare le aritmie del suo corpo, ma non riusciva ad accettare la mancanza d'armonia con la notte. Ogni tanto il momento di perfezione vissuto e perduto squarciava la notte e lo induceva a pensare, ma lui voleva solo dormire. Eppure pensava alla gioia di essere in un attimo di perfezione con la natura e il suo corpo come era capitato il giorno prima là ad Elephant Butte. Nudo nella natura nuda in simbiotica assenza di appartenenza e prevaricazione. Chi era per l'altro? Il lago e la sua meraviglia o l'uomo e la sua capacità di vivere un mondo fatto per lui? Questo Nick Beat se lo chiedeva, ma nel buio della notte che scorreva lenta voleva solo dimenticare quell’attimo di perfezione che era esistito e che doveva sopravvivere a se stesso, non sporcandosi di congetture e pensieri. Un attimo perfetto reso perfetto dal solo fatto di essere esistito” solo questo voleva cristallizzare Nick Beat per non dimenticare, ma era così difficile l’equilibrio tra il ricordo e il pensiero. Se il primo poteva rendere immortale l’emozione di un istante, il secondo rischiava di uccidere quel istante vissuto per renderlo irrimediabilmente una creazione illusoria della ragione.




Nick Beat si era stancato di rigirarsi nel suo letto spartano e si infilò pantaloni logori sulla pelle nuda ed uscì nel portico. E poi il portico non bastò. C’era un’alba sopra di lui e c’era una città che stava per svegliarsi e non poteva certo permettere all’insonnia di privarlo di quella nuova meraviglia. E Nick Beat camminò a lungo sulla strada mentre il sole piano piano sorgeva e l’insonnia diventava vita.




Fu subito nella Via della Polvere che stranamente non era quella di ogni giorno, non ancora e lui non l’aveva mai vista così. Si era limitato Nick Beat a guardare le stesse cose con gli stessi occhi per giorni e giorni e questo lo faceva arrabbiare. Come aveva potuto lui, proprio lui, non cambiare mai il punto di vista? Come aveva potuto smettere di guardare il mondo, il suo mondo, a testa in giù, o dall’altro lato della strada o semplicemente ad un’ora diversa di un giorno diverso?




Guardò il mercato, anzi, l'ipotesi di mercato. Landa di cemento sporca per i resti dell’arte del giorno prima.
"Chi sei?", si chiese guardando l’uomo che ripuliva il luogo dove ogni giorno vendeva la sua lavanda. La sua rabbia raddoppiò. Aveva accettato gli eventi senza chiedersi perché le cose accadono. Un attimo, un flash destabilizzante. E anche lui non si sentì così diverso da quell’odiato uomo. Sì, quello dei puzzolenti hot dog all’angolo della piazza. (*)




Le luci della notte tardavano a spegnersi e quelle del mattino erano già pronte per essere colte e a Nick Beat pareva che tutto prendesse ad avere la solita forma di ogni giorno, solo che ora lui poteva intravedere la diversità sempre uguale di ogni cosa. Piano piano la città iniziò a risvegliarsi e Nick Beat si sentiva un intruso scrutato dagli occhi assonnati di chi vive nell’alba di ogni giornata.




Pensò, Nick Beat, di andare al forno dove ogni giorno comprava del pane per assaporarne il tepore di un boccone nuovo di un giorno nuovo e mentre camminava in quella direzione passò davanti alla chiesa che aveva stranamente la porta spalancata. Non che credesse in un particolare dio, gli indiani, i cow boy, i dollari gli aveva raccontato così tante favole su ogni dio che gli sembrava impossibile capire chi avesse ragione in merito. Ma la porta era aperta in quell’alba intrisa di significati, e questo gli bastò per varcare la soglia ed entrare nel silenzio. Trovò il libro della messa aperto proprio davanti alla porta e lesse le parole del giorno che sembravano appartenergli come la città e il deserto e quell’alba rubata alla notte.



“Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!”



E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti».
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la bocca e mi disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato».





(*) correzione bozza a cura di Enrico Gregori.... che ringrazio sentitamente :)

domenica 6 luglio 2008






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Oggi nasce un nuovo amico immaginario Nick Beat®

(tramonto delle Montagne Sacre di Santa Fe)








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LE AVVENTURE DI NICK BEAT



Nick Beat vendeva lavanda nella Via della Polvere. Viveva in uno di quei capanni che sembravano pronti a farsi in mille pezzi da un istante all’altro eppure incrollabili sotto le tempeste di sabbia del New Mexico. La sua casa erano quei vecchi legni cigolanti e una cortina di cespugli di lavanda. Sopra tutto c’era la polvere, impalpabile velo terroso che non praticava alcuna forma di discriminazione o scelta: poggiava su ogni elemento di quel deserto, ed era il deserto.


Nick Beat vendeva lavanda nella Via della Polvere e la sera amava sedere nel portico ascoltando il tramonto delle montagne sacre. C’era un dondolo vecchio e cigolante come vecchio e cigolante era il pavimento sul quale poggiava. Appesi alle travi seccavano fasci di lavanda pronti ad essere venduti l’indomani e intorno c’erano i rumori del silenzioso deserto: il frinire delle cicale, il frusciare delle steppaglie contro il corpo di qualche animale selvatico, il suono secco della bottiglia di birra poggiata di tanto in tanto sul pavimento e il rumore incessante dei pensieri. Non smetteva un attimo Nick Beat di pensare, di registrare i colori dei tramonti, le ombre che le montagne sacre proiettavano, gli odori del deserto. Ogni giorno era un nuovo giorno con nuovi elementi da incasellare nei ricordi o nuove rievocazioni di cose giù vissute e provate che si rinnovavano e prendevano di nuovo ad essere Vita.


Ogni notte iniziava con l’arrivo del sonno e ogni mattino ricominciava con la luce del sole. Non c’erano orologi nella casa di Nick Beat. Sapeva quando era ora di mangiare perché sentiva fame e sapeva quando era ora di smettere di lavorare perché era stanco. Così ogni mattina ad una certa ora che non ci è dato sapere, arrivava nella Via della Polvere con i suoi fasci di profumo e poggiava sul muricciolo al mercato degli artisti. Gli piaceva quella zona perché il profumo della sua lavanda si mischiava a quello dei colori freschi dei pittori e ai colori delle stoffe che vendevano sulle bancarelle. Chi camminava nella piazza sentiva ad un certo punto, un rilassante profumo di lavanda mischiarsi alle polvere che respiravano e senza sapere bene il perché, si incamminavano verso quelle spighe blu e lui era lì pronto a vendere un ricordo profumato. Non parlava molto Nick Beat, e se poteva lo evitava del tutto, si calava sul volto il cappello di cuoio nero impolverato e dava il resto offrendo un sorriso che si scorgeva solo per metà sotto l’ombra proiettata dal copricapo.


Però Nick Beat vedeva ogni cosa con il suo sguardo protetto dal buio. Vedeva le mani che si stringevano e vedeva i sogni che si immaginavano davanti alla vetrina dell’emporio. Vedeva le risate per l’auto dagli interni di pelle di bue. Vedeva le scarpe delle donne forestiere che molto poco si addicevano alla polvere del deserto. Vedeva il venditore di hot dog all’angolo della piazza che proprio non riusciva a sopportare perché nulla aveva a che fare con la polvere e la lavanda e il suo odore sapeva di unto e fabbrica e plastica della città e no, proprio no, non aveva a che fare con il deserto. Vedeva Nick Beat le vecchie indiane stendere i panni del loro mercato e sorrideva alle anziane che filavano il turchese ed esponevano il loro argento mentre evitava, e se poteva schiaffeggiava con lo sguardo, le nuove indiane che vendevano orecchini fluo e acchiappaturisti di plastica. Proprio non le sopportava, erano anche peggio del venditore di hot dog all’angolo della piazza e gli sferzavano una stilettata nel cuore come il peggiore tradimento. Chi era nato nel deserto apparteneva al deserto e non doveva combatterlo, questo le montagne sacre lo dicevano da sempre e lo raccontavano anche quegli innumerevoli cimiteri di motociclisti che avevano osato profanarle irrispettosi. Chi ama il deserto, ama le sue montagne e le montagne e il deserto sanno contraccambiare, ma il Rispetto per quello che è eterno è qualcosa che non si può patteggiare con nessuna marmitta cromata o orecchini di plastica e quelle giovani indiane questo ancora non lo capivano. Sperava Nick Beat di incontrarle da vecchie e di ritrovarle canute ed esperte nell’infilare il turchese con quello sguardo che solo una vecchia indiana può avere, quello sguardo di mistero eterno e di consapevolezza, di natura tradita ed orgoglio immortale. E Nick Beat quello voleva imparare e per quello ogni notte ascoltava i rumori del silenzio seduto nel portico a seccare la lavanda da vendere nella Via, cercando di diventare Silenzio e Polvere, Molecola e Anima, di essere elemento di quel deserto, che era il Deserto.