domenica 30 settembre 2007

In giro per le strade del centro il sabato pomeriggio come non accadeva dagli anni della scuola. Ritrovo il mercato, quasi lo stesso se non fosse per la moltitudine di lingue che riecheggiano tra i banchi. Mi spingo sulla strada che porta al centro e ritrovo gli stessi riti. Adolescenti che si clonano e si tengono la mano, le vasche per il rimorchio. E poi due mani. Due mani da signora di mezza età che offrono omaggi profumati. Ha aperto una erboristeria in una vecchia corte ristrutturata. Agitata, un po' impacciata, decisamente tenera. Il negozio è grazioso, estremamente femminile e i suoi occhi sanno di un nuovo inizio e di tanta paura. Le ho comprato del the, non mi serviva nulla e le ho fatto gli auguri per un nuovo inizio. Ho scoperto un thè delizioso.


venerdì 28 settembre 2007




Web oscurato in Birmania, blog in rosso


Un responsabile delle telecomunicazioni del regime parla


Mentre in Birmania Internet viene oscurato dal regime, nel resto del mondo siti e blog si tingono di rosso in segno di solidarietà al popolo birmano.
I militari cercano con ogni mezzo di impedire che le notizie su quanto sta accadendo escano dal Paese: all'avvio delle proteste hanno iniziato a negare ai giornalisti stranieri il visto d'ingresso, a interrompere i collegamenti dei cellulari dei maggiori attivisti democratici e a oscurare molti blog dove i cittadini rivelavano al mondo quello che stava succedendo (alcuni hanno anche usato biglietti elettronici di auguri e il sito di socializzazione Facebook per raccontare quanto stava accadendo).

WEB BLOCCATO - Ora però la morsa della censura è diventata ancora più stretta: mentre è in corso la caccia ai giornalisti stranieri, collegarsi a Internet è diventato impossibile anche per quei giovani smanettoni che fino a ieri riuscivano a «bucare» la pesante cortina stesa dai militari attorno al Paese: giovani universitari, per lo più residenti a Rangoon, erano finora riusciti a inserire decine di foto e video sui blog documentando passo passo la silenziosa protesta dei monaci buddisti e il crescente appoggio popolare. Ma il flusso delle immagini di quanto sta succedendo in Birmania si è interrotto. Tutti gli internet cafè sono stati chiusi e nessuno risponde ai telefoni degli uffici del principale provider di internet per spiegare come mai non è possibile aver accesso al Web. Che l'accesso alla Rete sia bloccato è stato ammesso anche da un responsabile delle telecomunicazioni, che però ha attribuito il problema a «un cavo sottomarino danneggiato». «Internet non funziona a causa di un cavo sottomarino danneggiato », ha riferito all'AFP un responsabile dell'impresa di Stato, Myanmar Post and Telecoms.

BLOG IN ROSSO - Intanto nel resto del mondo siti e blog si tingono di rosso, il colore delle veste dei monaci e in particolare del «sanghati» che contraddistingue i buddisti birmani. Anche
Blogosfere, il più grande network italiano di blog professionali d'informazione con oltre 1.800mila lettori ogni mese, è sceso in campo a favore della libertà della Birmania invitando tutti i blogger italiani ad aderire alla campagna «Free Burma» e a manifestare contro gli avvenimenti di questi giorni. E anche contro il fatto che dopo due giorni di repressione da parte dei militari delle manifestazioni di protesta, sia venuto a mancare il principale canale di diffusione di informazioni e foto da parte della dissidenza birmana su quanto sta accadendo nel paese


(fonte Corriere.it)




Petition code number: 1081081081234"

Segmenti bianchi a trattegiarmi la via fino al punto in cui sembrano svanire. E pioggia anche sull'asfalto drenante, sul vetro, tra i tergicristalli che gracchiano sul parabrezza sporco. E immagini di me, di loro, di una moltitudine di visi per i quali forse non sono più una buona compagnia. Il limoncello pigia sull'accelleratore fregandosene dei men at work. Forse si farà il libro, siamo in un paio di persone a crederci, o forse finirà come la mia piega sotto la pioggia. Massì, chi se ne frega che si arriccino i capelli, che scorra la strada sotto i pneumatici. La freccia destra si è arresa, non lampeggia più. I nostri primi 110 km iniziano a sentirsi. Vorrei sentire una voce amica, un messaggio caldo, ma è notte e distanze incolmabili cancellano ogni comprensione e così canto. Canto con la voce che non ho più, parole provenienti dalla peggior feccia medioevale della musica italiana, che mi scopro conoscere. E poi canto la rabbia, la solitudine, la voglia, l'anima. Canto e sento la gola bruciare, sento il viso in fiamme e rabbia si stringe ancora sul volante. E scorrono i cartelli delle uscite ed arriva la via di casa, vorrei sprofondare nel mio letto o tirare dritto finchè i pensieri non finiscono di esistere. Ma la macchina rallenta, riconosce la strada, ecco sta sterzando, la rampa, la rotonda, il cancello di casa. Vado a letto. Domani avrò un buon mal di testa e pessimi pensieri. Massì sarà domani e forse non pioverà più.


giovedì 27 settembre 2007

Ci sono cose che vorresti dire e non trovi il coraggio. Ci sono cose che non puoi spiegare diversamente. Troppe volte ci tratteniamo frenati da inibizioni, remore, paura. Oggi no. Oggi è un giorno diverso. Oggi il mio subconscio ha trovato la sua strada, ha trovato il coraggio che la ragione non sa trovare. Sono entrata in ufficio e ho vomitato senza nemmeno salutare i capi!!!


mercoledì 26 settembre 2007



Sono giorni che mi riprometto di postare questa foto. L'avevo promessa ad una persona per me davvero unica, della quale non posso dire molto per non tradire un nostro patto di segretezza. Però lui sa perchè ho pensato a lui mentre vedevo plasmare argilla nella foresta di Sherwood e sa perchè ho comprato un vasetto blu creato da quelle mani. Plasmare argilla così come plasmare una persona, un figlio o un ricordo, facendo scivolare materia povera tra le dita, modellando con l'assenza di attrito o con la pressione ed il tatto. Tutto quello che passa tra le nostre dita lascia una traccia nella materia e sono in pochi a sapere creare arte e lui lo ha fatto, con te.
E poi mi è capitato di ripensare alle mani, al tatto in questi giorni. Lunedì accanto all'albero quando l'ho visto sciogliersi sotto le mie mani. Quando è bastata una mano sulla spalla per sentire ancora che è pelle, è uomo, quello che sa ricevere una carezza. Quanto può curare la mano di un amico? Ancora me lo chiedo. Ho sentito nella sua mancanza, la mia mancanza. Quante volte vorrei vivere addosso e non accanto. Quante volte vorrei pelle ad invadere i silenzi. Vorrei mani sul mio viso, strette insieme a plasmare nuova vita, a dare forma alla materia dei miei pensieri. Mani grandi su di me.

domenica 23 settembre 2007

post lungo da domenica solitaria

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post lungo da domenica solitaria




I ciottoli sembrano meno sdruciolevoli sotto la luce dell'ora di pranzo. Il posto dev'essere quello. Che strano non ricordavo ci fosse un mondo intorno, pensavo che tutto finisse in quel terrazzo affacciato sulla meraviglia. Ritrovo il sentiero delle bancarelle delle mie domeniche da bambina. Cammino al fresco sotto un cappello di alberi e sole. Chiedo un tavolo, orgogliosamente per uno, quello nell'angolo chiaramente. Ho fatto un po' di compiti e letto Sciascia. Rileggo più volte una frase che mi strappa un ironico sorriso: "il che, se avessero lavorato in concordanza, avrebbero risparmiato a una delle due parti quel tempo e quella fatica che avrebbe potuto più utilmente impegnare: ma stiamo vaneggiando una cosa impossibile quanto la collaborazione tra un costruttore e un dinamitardo" semplicemente perfetta. E' davvero difficile trovare i codici che spieghino l'intensità delle intenzioni. Spreco spesso, e poi me ne pento rileggendomi, parole che dovrebbero spiegare un concetto che chiaro spicca nella mia mente. Mi accorgo di nuotare contro corrente con la mia volontà e per quanto io cerchi di nuotare, riesco solo a disegnare l'immagine di una me goffa che parla e annaspa e ingoia acqua di fiume che, assicuro, non è dolce come dicono. Quanto dovrò imparare prima di gustare l'acqua fresca dalle sponde? Perchè sento sempre la vertigine e l'attrazione per la corrente che mi trascinerà via? Ma soprattutto, perchè una volta immersa mi ostino a remare contro, a nuotare per cambiare le situazioni? Mi serve un caffè. Americano con acqua a parte, grazie. Una tazza calda da stringere tra le mani mentre godo del sole più caldo di questa estate passata che è già autunno. E mentre arriccio le gambe sulla sedia mi lascio penetrare da questo immenso di fronte a me. Vedo tute le icone della mia vita: la valle e la città, un aliante che proprio davanti ai miei occhi si sgancia dal traino e una campana che mi riporta alla mia scogliera.

Intorno a me fantasmi di persone infelici. C'è questo tavolo qui di fianco che mi fa impazzire. C'è un uomo, avrà tra i cinquanta e i sessanta anni, brizzolato nei capelli e nella barba. Potrebbe essere il protagonista del racconto di Graham. La moglie lo sta inondando di parole inutili, che la Rosalba va al mercato di S. Vittore e chissà altro. Lui mi guarda disperato. Finge di dire quattro frasi giusto per non aizzare la moglie e la solita tiritera noi non ci parliamo più, tu non mi ascolti . Ora parlano di pomodori, lui si infila in bocca un pezzo di formaggio lentamente, indeciso se spingerlo fino alla gola e soffocare per farla finita qui, oppure morderlo mollemente ingoiandolo insieme a innumerevoli rospi. Poi la tragedia. Una rossissima goccia di vino cade rovinosamente sui pantaloni kaki della domenica. Quel che resta del suo ego spicca per un gesto estremo chiudendo la sua scarna esistenza contro il selciato sotto il terrazzo. L'orca assassina si appresta per la scena madre. "Cameriiiiiieeereeeee, mio marito s'è macchiato mi porti uno smacchiatore", lui umiliato cerca di frenare quel fiume petulante con le meches. Inutilmente. "No perchè il rosso macchia e se non pulisci subito non lo togli più, vuoi che buttiamo via i pantaloni?". Lui mi guarda e si sgretola davanti ai miei occhi. Cerca un appiglio in me, uno sguardo solidale. Sorrido. Ora sto scrivendo dal tavolo accanto al suo, lui mi guarda più rilassato poi si perde nel panorama mentre la moglie elenca i dati della sua interessantissima cartella clinica. Comunicazione indiretta batte comunicazione diretta 1-0. Devo ricordarmela questa partita, devo smettere di parlare ed iniziare a dire.


venerdì 21 settembre 2007

Persone. Persone in movimento in questo settembre che da oggi è autunno. Ieri sera prima lezione del corso e prima vera cena guadagnata con fatica. Siamo di meno, parecchi di meno. Li ho conosciuti un anno fa. Ieri li guardavo al tavolo, uno ad uno. Sentivo un reflusso emotivo strozzato lì nella gola, che puntava per uscire. Dovevo raccontare, far sapere che questa estate mi ha cambiata tanto, o che forse mi ha solo riportato alle origini, alla vera me. Vivevo tutto come una rivelazione, come una bambina che scopre per la prima volta che l'immagine che vede riflessa nello specchio è davvero lei. E poi invece ho guardato tutti e mi sembravano tutti così cambiati, così maturati. Gedeone poi, ci lascia per iniziare una nuova avventura lavorativa, andrà via da Milano per un bel po’ di tempo. Odio i distacchi in modo patologico, però sono contenta per lui e anche un po’ “invidiosa”. Chissà cosa si prova ad avere le palle di mollare tutto e ricominciare punto a capo. Poi c’era L. che in una settimana me lo vedo tutto cambiato, mi chiedo se non sono stata troppo caterpillar con lui. E più in là c’èra Aldina che finalmente inizia ad avere lo sguardo che ho sempre sperato per lei. Ho sentito quella sensazione da fine di “donne in carriera”. Quando lo zoom si allontana e tutta quella storia diventa solo una minuscola finestra in mezzo a mille altre, così tutto quel marasma di emozioni e rivelazioni che avevo dentro è diventato improvvisamente piccolo piccolo, una sedia ad un tavolo apparecchiato per dieci.


E poi per strada, musica e altri volti che mi sfilavano davanti. Stiamo tutti cercando la nostra indipendenza emotiva, vogliamo tutti diventare grandi. Mi chiedo se riusciremo a crescere insieme senza perderci. Penso che dovrò imparare a trattenere un po’ le mie emozioni, magari raccoglierle e farle scivolare piano su una pagina bianca. Intanto è arrivato il primo giorno d’autunno, mi copro un po’ con la coperta di una solida amicizia e mi lascio scaldare da parole vecchie di anni che ancora disegnano il mio profilo.


"perché sei un bel progetto di donna. perché sai quel che vuoi. perché sai dove vorresti trovarlo. perché hai un universo dentro, e non vedi l'ora di tirarlo fuori e regalarlo. perché sei concreta e sognatrice. perché sai che la vita è un gioco serio, che a giocarlo bene ti da tanto e a giocarlo male ti toglie tutto. perché hai qualcuno che ti ama e vuoi che lo faccia come sai. perché il mondo è tuo, e da domani lo sarà di più. anche a me manchi. come mi mancano i miei genitori. o una casa che sento mia. e la capacità di raccontare che vorrei. e la forza rivoluzionaria di chi cerca di mettere in pratica un sogno senza necessariamente riuscirci. quella forza che hai tu. già, la sento sai..."


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giovedì 20 settembre 2007

No siccome lo so già che la faina con l'ugola intinta nel barolo oggi mi scriverà dicendo "e ma l'hai visto il tuo amico Cecchi all'isola".... mi tutelo rispondendo già a priori.


Allora, a me piaceva il Cecchi versione figa paura, tipo quando l'ho beccato in ascensore, con abito elegante blu (100,00 euri che era un'Armani), camicia azzurra, abbronzato, 20 kg in meno, occhiali e un profumo di doccia appena fatta.



Che poi abbia sofferto di demenza senile precoce non è colpa mia!!! E non parlo del fatto che si è scoperto omo, ma del fatto che sta stressando l'esistenza con questa sua affermazione del sè. Ieri sera all'isola ha detto anche cose che avevano un senso ma assolutamente fuori contesto che lo hanno reso logorroico e sterilmente polemico.


Vabbhè mi resta il Vittorio come sogno erotico ricorrente


mercoledì 19 settembre 2007

Ho stampato i primi racconti. Sono emozionata come l'anno scorso, forse di più. Prima non vi conoscevo, non Ti conoscevo, non mi aspettavo nulla e ho avuto molto. E adesso? Intuisco quello che ti aspetti da me. Ho paura, ho voglia di fare, ho voglia di sperimentare e mettermi alla prova. Una rete, mi serve decisamente una rete di protezione. O forse un foglio, ecco forse una nuova pagina bianca attenuerà l'impatto ...


Per adesso ti auguro buon anno... ne avrai bisogno con me :)






Non sono sparita sono solo giorni un po' frenetici che oscillano tra il peggio e il meglio in un dipanarsi di colori degni della migliore scala cromatica... toLneLò pLesto pLesto :)

venerdì 14 settembre 2007

a livio




Corpi, ancora loro, il tormento di un'idea che ho voluto cancellare. Corpi, ricordi che capitano tra le mani nel cambio di stagione, stipati nel cassetto dei vestiti pesanti. Corpi disegnati. Corpi ammassati che si scorrono accanto in sorrisi dolci o strisciati su parole di circostanza. Corpi attraverso vetrate di sguardi distanti, sorrisi misurati in lancette di orari di lavoro. Corpi profanati nei miei occhi, subito cancellati dal colore di un abito che non esiste, che scivolerà via in una pioggia d'acqua vischiosa, intrisa d'arte. Corpi di persone che non si appartengono. Corpi che non appartengono ad alcuna persona. Flash di mani aperte su occhi chiusi, di corpi aggrovigliati destinati a non aversi, abbracci sterili e membra malate.


Poi pace appesa alle pareti.


Linee pulite, morbide, intense. Tagli precisi di lama affilata, cruenti e meravigliosi nel rosso del sangue che nasce da pelle avorio. E bianco e nero a spogliare l'anima per colorarla di unicità. C'erano corpi privi d'abiti, vestiti di colore e c'era il tuo corpo, nascosto in pantaloni e giacca, nudo appeso alle pareti e tu a chiedere scusa di colpe che non esistono, di colpe che potresti permetterti se ti vedessi nudo, come m'illudo di vederti io, negli occhi che spuntano dalla parete, che tu hai fermato e che io vedo immensi.


martedì 11 settembre 2007


Eccomi finalmente scrivo questo post lasciato nell'incubatrice per qualche giorno e ho paura di deludere le aspettative dei miei lettori frementi nell'attesa (si si ok manie di grandezza.) In realtà quello che ho da scrivere è davvero elementare, come l'ingranaggio che splinder usa come icona dell'editing. Ecco ingranaggio, mi viene da pensare questo: siamo una lenta macchina che si appresta a ripartire.


Riaperti gli uffici, riaperti gli armadi, riaperta la posta, riaperte le scuole. Tutto si riavvia, tutto quello che abbiamo costruito e chiamato struttura sociale, planning, quotidianità. Ripartono i tram pieni di gente al mattino, ricompaiono le auto in doppia fila e le attese alle banchine del metrò. Trovo vi sia un fondo rassicurante in tutto questo. Ma pensavo domenica, mentre vendemmiavo per le vigne delle langhe, che mentre noi ci apprestiamo a riavviarci, la natura piano piano si prepara alla sua vacanza. I frutti sono troppo maturi per restare sui rami, è il momento di recidere, accatastare. I frutti dovranno dare il loro prodotto e i rami dovranno tornare a dormire. E' così. La natura ci sa aspettare, ci lascia correre ed organizzare, lei aspetta. Ci lascerà l'inverno per far maturare i nostri frutti tecnologici e ci sorprenderà di nuovo in primavera, ci regalerà l'energia che inizierà a scarseggiare dopo mesi di lavoro. In primavera sarà lei a spogliarci dei nostri abiti pesanti, vendemmierà i nostri frutti maturi e li farà diventare altro, forse vita, forse vacanza o chissà.


Sentivo questa linfa lacrimare dai grappoli tagliati domenica, e sentivo il rumore sordo delle forbici che riecheggiava tra i rami del mio albero genealogico. Sentivo le mani piccole di mia madre che lavoravano i campi e i canti delle donne nei grembiuli. Sentivo le risate di mio padre bambino che mangiava più uva di quanta ne riuscisse a mettere nelle gerle. Sentivo il rumore lontano degli uomini che preparavano i tini e la festa dell'aia che aspettava la fine della vendemmia. Eppure vedevo i nostri quattro volti cittadini. Vedevo le risate, la gioia infantile di un grappolo perfettamente disegnato come nei libri delle elementari. Vedevo il sudore sul volto dei nostri uomini e quasi l'orgoglio per quel metro di vigna così pulito dalle nostre mani.


Mi chiedo se tra sei mesì i miei frutti sapranno regalarmi ottimi calici colmi di dolcetto ruvido sulla lingua e dolce nel palato. Non posso sapere come fermenterà la mia vita nei prossimi mesi invernali, ma non smetterò di ripetermi che "la vita è troppo corta per bere vino cattivo".


Alla vostra ....


venerdì 7 settembre 2007

certezze ed icone

Ci sono certezze che resteranno per sempre intoccabili nelle nostre esistenze. Esempio pratico è la vecchia che anche oggi, a 5 gg dal rientro, ha deciso di mettere in expo una Jacuzzi costosissima che nessuno mai ci comprerà e che finirà nel "paradiso dell'immagine perduta" che è il nostro magazzino. E' una certezza, lo farà sempre, non può assolutamente capire le dinamiche del mercato, incrostrata così com'è nella sua isola che non c'è.


E poi ci sono certezze che ci disegnano addosso. Icone che poi si frantumano. Qualcuno pensa di noi qualcosa che non siamo, che non saremo, che non vogliamo essere. Lì sul foglio bianco con la colonna dei pro e dei contro, dei più e dei meno, ci scontriamo con i "non è detto", i "dipende" e i "forse" e partendo dal presupposto che "più per meno fa meno, e meno per meno fa più", ci si accorge in un attimo che non è facile dare valore assoluto a idee relative. Spesso moltiplicando fattori negativi, si raggiungono risultati positivi. Non chiedetemi il perchè, io a matematica copiavo sempre, e queste regole, questi assiomi, li ho trovati sempre abbastanza relativi (e se mai will leggerà questo post resterà inorridito).


Le icone sono disegni stereotipati che non possono corrispondere ad un insieme molecolare così complesso come un'animo umano. E' difficile accettarlo, implica l'arrivare alla sostanza delle cose e non all'apparenza o implica non cercare altro se non le proprie certezze, accontentarsi dell'immagine. E' una scelta o una non scelta... per conto mio, come al solito, cerco di complicarmi la vita.


mercoledì 5 settembre 2007

Trovo che questa canzone sia smodatamente bella. L'ho sentita sta mattina mentre andavo in ufficio e mi sono apparsi volti delle miei estati, spero che qualche volto si riconosca in queste note... un volto su tutti è quello di Antonio....


Battiato Franco - Aspettando L'estate

L'allegrezza del vento fuga i cattivi pensieri
mentre ogni ombra fugge via le giornate si accorciano

La sera i fuochi inondano i dintorni di luce

La tristezza non prevale su me
col canto la tengo lontana
le giornate si allungano
sto aspettando l'estate

Anche se non ci sei tu sei sempre con me
per antiche abitudini
perchè ti rivedrò dovunque tu sia

Aspettando l'estate all'ombra dell'ultimo sole
sospeso tra due alberi a immaginare
l'estasi dei momenti d'ozio
voglio riscoprire aspettando l'estate

Anche se non ci sei tu sei sempre con me
e sono ancora sicuro che io ti rivedrò
dovunque tu sia




[youtube http://www.youtube.com/watch?v=abXUzqE_Trs]

martedì 4 settembre 2007

SAGGEZZA DI SETTEMBRE ... che pur si fugge tuttavia

SAGGEZZA DI SETTEMBRE ... che pur si fugge tuttavia


E così oggi è il vero primo giorno di lavoro dopo le ferie e probabilmente vi aspettate una sequela di lamentele e invece... tadaaaa: niente lamentele. A dire il vero quello che scoccia di più in questi giorni sono i servizi in televisione e le trasmissioni radio che continuano a menarla su sta faccenda. Gli è presa ai giornalisti sta voglia di allarmismo: e fa caldo, ma non un caldo normale, uno mai visto prima (peccato che è estate e tutti gli anni in estate fa caldo) e poi piove, ma mica piove normale, arriva lo tzunami anche in val padana sebbene non ci sia il mare. E adesso si torna al lavoro, ma mica si ritorna belli riposati dopo le ferie, noooo si torna depressi e angosciati per l'anno che sta iniziando!


Ma io NON CI STO. Le ferie sono state fantastiche, curiose, rilassanti, divertenti e ... finite, perchè le ferie DEBBONO FINIRE. E' giusto così! La vita, quella vera, è un'altra cosa e non è così male. Tornare e ritrovare le proprie quattro mura e pregustare il proprio divano, con la copertina e il maglione di lana grossa che hai rubato al tuo amico, e i piedi intrecciati sotto la coperta mentre sorseggi una tazza calda di thè al gelsomino. La vita è fatta di incazzature, di mattine che vorresti tornare a letto e invece vai in ufficio e quando ti aspetti una giornata fantastica ti si incasina tutto, e quando fuori è tutto grigio e ti pare che di meglio non potrai avere, il meglio arriva e tu non sai che santo ringraziare.


E la vita normale è fatta di amici da ritrovare, di serate a cenare insieme a sperimentare nuovi piatti e a vedere che effetto fa. E' fatto di famiglia, di natale, e di giornate a dire che sei stufo della famiglia e del natale. Io credo che la vita normale sia spesso scomoda, ma molto più spesso degna di essere combatutta. E se così non fosse? Bhè inizierei a pensare che c'è qualcosa nella mia vita di tutti i giorni che non va e magari lotterei, magari chiederei aiuto, magari aspetterei tempi migliori e sognerei una vacanza. Ma ecco, il punto è che la sognerei una vacanza, come appiglio per i momenti veramente duri, come il jolly da giocare, non come la mano che ormai è sul tavolo e va giocata.


Buon anno a tutti ragazzi e buon lavoro (oddio mi sento l'Ilvio!!!!), che i vostri progetti aggiungano un pixel in più al disegno che vorrete realizzare.


questo post è dedicato in particolare a mio marito...

lunedì 3 settembre 2007

Inverness 08/08/2007... dal bancone del pub.



E resta tutto dentro queste quattro pareti tapezzate di parole servite solo a nascondere l'umidità e a creare l'atrmosfera.


Tutto compresso dentro la mia testa con le note chiuse in questo pub.


Ovunque mi giri sento vita scorrermi accanto e vibrazioni nelle dita e nei pensieri. Cerco di trovare i diapason che darà il LA alla forma a queste pagine. Mi chiedo se non impazzirò prima di trovare il modo per raccontare questa vita che mi scappa dall'anima.


Guardo in alto. Luci di diverse intensità e foggia, raccontano i graffiti di tutto un mondo. Intorno, gesti liquidi, così diversi da me. Una chitarra qualunque e in un posto qualunque, diventano qui e ora il mio posto e il mio mondo. Qui, mentre scrivo dal bancone del pub, tra una birra rossa e una strada che mi aspetta per essere percorsa, sono a casa.



p.s. se vi capitasse di essere da quelle parti.... John Lennon Northern Lights Festival

sabato 1 settembre 2007

glasgow e annat

un altro stralcio del mio diario, scritto ad Annat il 06.08.07




Fuori l'heur bleu ha lasciato posto alla notte del lago, quasi integralmente nera, se non fosse per qualche luce tenue lasciata accanto alle graziose finestre dei cottage.


Il lago dorme nella bambagia dei monti, abbracciato dal silenzio, cullato dal vento. Sul vetro dell'abbaino della Signora Ferroch, ove sono ospite, battono leggere gocce di pioggia micronizzata e fredda e pungente e linfa sul mio viso ridestato da tanta vita silenziosa e naturale.


Guardo allo specchio il mio viso senza trucco, vedo i miei capelli completamente arricciati e indomabili e mi vedo bella. Non per il mio corpo, quello certo no, ma per quella luce che scopro lì in fondo all'immagine di me riflessa.


Sento lontano il grigiore di Glasgow dalla quale sono partita questa mattina. Pessima città Glasgow. Emblema di tutto quello che la produttività non dovrebbe produrre. Grigio nel cielo soffocato da fiumi e cemento, grigi gli edifici lasciati pascolare sotto una pioggia grigia anch'essa.


Grigio il fiume che ospita grigi cantieri dalle scheletriche dita d'acciaio. Grigio il tentativo di provocare con l'architettura moderna, grigia imitazione del scintillante bankside londinese. Le uniche luci scintillanti e gli unici colori vivaci si trovano, ben ordinate e magistralmente dirette dalla bacchetta del marketing, nella merchant city dove mocciose vestite di tutto punto saettano da vetrina a vetrina agitando e mostrando, come trofei di caccia, shopping bags d'autore colme di ogni dettame delle mode. Cozza disgustosamente con la zeccheria del Barras, dove l'unica cosa che è ben esposta sulle bancarelle, è la povertà. Non tanto i mercanti, quanto piuttosto le paccottiglie in vendita, puzzano di polverose vite in declino svendute in seconda mano su bancarelle ammassate. Ben lontano dal vintage, decisamente non paragonabile al creativo melting pot di camden town, resta solo occasione per qualche affare. Ecco fatto, "qualche altro affare", anche la povertà di Glasgow è assoggettata a quella grande risorsa, divenuta per sua stessa mano, grande piaga: il business. Si sono rincorsi nei secoli i magnati delle industrie e si rincorreranno in eterno, dato che hanno fatto anche della necropoli, motivo di concorrenza e supremazia. Ne restano pessimi quartieri e gotici monumenti funebri.


C'è il piglio di cambiare le cose, trovare un'identità, dare voce alla gente di Glasgow come dimostrano al People's Palace, di oggetti che rivendicano la quotidianità della vita vera. Ancora meglio l'agghiacciante Tenement's house, dove la povertà diventa un curioso monumento per i turisti. Glasgow è una città nata e poi morta, che mi auguro riprenda forza dalla cultura esposta nei diversi musei, o suonata nel festival estivo. Mi pare di vedere una Milano dei peggiori anni '70. Spero che anche Glasgow possa maturare come ha fatto Milano, facendo del business un punto di forza trainante, se è questo che vuole, ma non dimenticando che una città è viva quando vite degne di questo nome, la popolano.


sulla strada verso Annat



La finestra della signora Ferroch



E la nostra mascotte: EGLEFINO