lunedì 13 dicembre 2004

Ancora non hai perso quel vizio di pensare agli altri, immaginarti i loro dolori. Te lo ha detto anche lui "sei troppo buona", ma non posso fare altrimenti. Lo so, lo so, non mi è successo niente, non faccio parte di quel dolore che però esiste e non mi basta sapere che non è il mio dolore. Non riesco ad unire i puntini, non si forma alcun disegno, ho solo tanti "perchè?". Perchè personali e perchè da comune lettrice. Eppure ricordo la tavola apparecchiata con cura, i "scusa per questo, scusa per quello", la lavastoviglie che aveva rovinato i bicchieri nuovi del corredo da sposa. Ieri, mentre preparavo la mia prima vera tavola per gli ospiti, ripensavo a quella domenica di sole. Gli uomini in veranda a parlare di motori, noi sorrisi e sguardi timidi da nuova entrata nella famiglia. Lei aveva.... ha ... gli stessi suoi immensi occhi azzurri, indifesa e minuta nella sua gonna di jeans. Io e lui che credavamo in quelle scelte verso la normalità, quando riuscivamo ancora a credere in noi e nella possibilità di poter contraccambiare quell'invito in futuro, in una casa tutta nostra. Ora non riesco a vedere altro che vittime, vittime di un destino che ha sbagliato i destinatari della sua vendetta, loro, lui. Una punizione troppo grossa per tutti.


Non è buonismo, lo so che siete tutti dietro ai cellulari e agli sguardi bassi a dirmi di non farmi incantare più, che mi proteggete oggi come allora. Due soli uomini mi hanno capito in questo momento, il mio e "l'inquilino" del piano di sopra, ma questo già mi basta per darmi forza. Andrò a trovare la piccola che solo per un soffio non è stata anche "la mia piccola", un po' per dovere, un po' per scusarmi per non essere stata tanto brava da non riuscire a dare un po' di pace ai suoi parenti. Avrei voluto tante cose, come forse le avrebbe desiderate lei, ma qualcuno mi ha insegnato che non siamo noi a scegliere nè da piccoli, nè da grandi.


Sentirti ieri, e riconoscerti nella tua voce bassa dei momenti tristi, di quando ti senti colpevole e inadeguato. Sentirti chiedere scusa, come avrei voluto sentirti anni fa, ma pagare un prezzo troppo alto per sentire pronunciare parole ormai superflue. Non c'è odio, non c'è rancore in me, purtroppo. Sarebbe stato forse più facile odiarti, o forse semplicemente inutile. Ti ho letto nelle frasi che hai lasciato a metà, che hai avuto paura di pronunciare, Ligabue direbbe che "la vita non ti viene come vuoi" e non credo sia solo per quello che è successo in questi giorni. Non smetterò mai di ripeterlo "tu non sei LUI e non sei LEI". Sei quello che hai creato, sei la tua speranza di tre mesi, sei l'occasione per fare progetti per il tuo futuro. La storia non sempre si ripete, soprattutto quando la storia non è fatta di avvenimenti concatenati, ma da attimi isolati di solitudine.


Pregherò per voi come mi hai chiesto con quello che resta della mia fede, sarà poco ma ci proverò. Tu però, per una volta tanto credi in quello che hai e in te, anche se può sembrare più difficile che credere in un Dio che ti assolve sempre senza farti sentire la Sua voce.


Io sono serena... non scherzavo quando te l'ho detto, ma tu vivi, come quando mi dici che sei arrivato secondo e sento la tua voce alzarsi un po'. La persona che è là in alto è la stessa con cui parlo ora, una sfida è una sfida, non puoi sceglierti i nemici, puoi solo lottare sempre a testa bassa come fai quando stai lassù.


Buona vita da vivere.

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