martedì 7 aprile 2009






Ho sentito il tiepido silenzio del mezzogiorno oggi. Un'assenza di traffico, quasi un sospiro trattenuto, un vociare di famiglia che fuoriusciva dalle finestre finalmente aperte, il metallico battere di ceramiche a segnalare piatti pronti e una madre soddisfatta del pranzo preparato per avere la famiglia attorno a lei. E' stata così lunga l'assenza di tepore che pensavo fosse perduto per sempre. Una casa, con tutto quello che una casa può essere e significare.

Poi ho guardato un po' più in là del mio orizzonte e ho visto coperte e tappeti ad avvolgere visi spettrali, ho avvertito tremore sotto i piedi, tra le ossa, e ho sentito il cocciare di sassi secolari e coppi, vetri infranti, travi e corree inginocchiate sopra corpi semi nudi. Nessun tepore, nessuna casa ... non più. Cielo, troppo cielo sopra le teste ferite e polverose, sopra il sangue raggrumato. Un'eco lontana del '76 quando sono nata, quando mia madre mi ha portata in fasce a Gemona e le parole tremanti dello zio pompiere in servizio ad ogni emergenza. Questo è quanto possa raccontare del crollo di una vita durato sei minuti. Poco lo so, fortunata, so anche questo. Forse un nulla questo pensiero. Forse solo un po' di tepore per chi ha perso una casa, con tutto quello che una casa può essere e significare.

1 commento:

  1. E' un pensiero, non può essere nulla.

    "...tutto quello che una casa può significare"...purtroppo significa molto!

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