venerdì 9 novembre 2007

Perchè poi scrivere è anche modo per condividere cervelli e dita su di una tastiera... e allora parto da questo racconto di Lapo, e ci gioco un po' a modo mio....




Punti di Vista … Allo specchio




Non riesco a staccare gli occhi dal tuo viso. So già che non lo dimenticherò un solo giorno della mia esistenza, che lo vedrò comparire in ogni angolo di questa casa che mi hai rubato. In questo istante di terrore senza fiato, mi sento lontana da qui, come se guardassi fuori dalla finestra, come se fossi lì su quell'albero, seduta accanto a quel ramo che batte sui vetri.


Il tuo coltello. Lo sento incidere la mia paura, sento il dolore e l'eco di un urlo senza voce che scappa lontano da quella lama sottile, mentre io immobile e impotente, non muovo un solo muscolo. Mi convinco che la l' immobilità mi salverà dalla tua rabbia. Lo vedo nei tuoi occhi che a volte compaiono dall'oscurità, svelati a tratti dall'ombra mobile delle foglie del larice. Mi guardi rabbioso, sento la cicatrice che hai sul labbro, diventare il mio labbro tumefatto, so che vuoi vendicarti, leggo il disprezzo per tutto quello che ti circonda.


Hai i piedi poggiati sul tavolino della nonna, quel poco legno che ho saputo salvare dall'oblio, che ho curato, restaurato e messo nella mia casa quando ancora non c'era nulla dentro. Ad ogni scricchiolio del legno antico, sotto il peso dei tuoi scarponi insozzati di fango e sangue, provo una fitta al cuore di un ricordo che si cancella a poco a poco. Poi ti sposti, e io seguo ogni tuo passo senza staccare per un secondo gli occhi da quel coltello che passi sui libri della libreria. Hai appena trafitto Dante, l'edizione rilegata che mi regalò la Professoressa, se solo tu volessi, se solo tu sapessi, troveresti nella prima pagina una calligrafia antica e parole che risolvono una vita. Una dedica, un altro ricordo che stai sfregiando.



Mi chiedi soldi, e non mi credi quando ti dico che non ne ho. Ti arrabbi e avvicini al mio volto il coltello e allora il mio respiro resta immobile. Intorno è silenzio assordante squarciato solo dal tonfo accellerato del mio cuore che pulsa nelle orecchie e lontano, molto lontano, sento un sibilo, il fischio sottile della tua voce che urla e chiede "soldi". Rovescio la borsa e trovo trucchi, assorbenti, fazzoletti usati, scontrini, mollette, chiavi che pensavo perdute, il mio mptre con le cuffie arrotolate e il portafoglio e tremo. Cerco i fottuti soldi, quei cazzo di soldi che vuoi e che spero ti facciano smaterializzare, che ti riducano in una statua di sale. Dove cazzo lì ho messi? E sento la punta del tuo coltello sul collo, ti prego no, e sento già il sangue scorrere sulla pelle ma forse è lacrime, forse è sudore. Rovisto le tasche, trovo qualche banconota appallottolata sparsa e sento ciocco di monete da qualche parte. E' poco lo so, non ti basta, non urlare, ti prego non urlare o morirò. Uno schiaffo, i capelli sugli occhi e tra le labbra. "Stupida puttana" mi dici e inizi a frugare con una mano e con l'altra non molli un secondo la lama, prendi il mio cellulare, che varrà venti euro, che non ha mai credito ma che in compenso comprende numeri che stupidamente non ho trascritto altrove, che perderò, ma non te ne frega niente lo so. Famelico sbrani i brandelli della mia esistenza in cerca di qualche pezzo di carne ancora da fagogitare.


Strattoni via dal collo quei pochi grammi d'oro che porto dal battesimo, che ti varranno una dose forse, spero quella fatale, e mi strappi il cuore, il mio cuore dove inciso a caratteri corsivi c'è scritto "amor di figlia per sempre avrai". Una figlia che la regalò alla madre, quella figlia che è mia madre, e alla quale io ora posso rinnovare quel patto segreto. Mi prendi per il collo mi costringi a seguirti in camera.



Inciampo nel letto e penso di essere fottuta, che sta per finire tutto qui e che gli ultimi istanti della mia vita non sono accanto a chi amo, ma sotto il peso di un bastardo che mi guarda e mi vuole insegnare la vita, io che la vita non l'avrò più tra un solo respiro.


Ti sento pronunciare qualcosa mentre stai lì immobile a guardare i miei occhi e il tuo sguardo è scuro come le notti che hai vissuto, profondo come la paura che leggo dietro la rabbia e il disprezzo. Vorrei parlarti ma mi hai rubato anche la voce.


"Io non rubo, insegno. il problema è la scatola. il chiuso a voi vi fotte la testa. io vivo fuori, di notte. lezione uno, paura, lezione due, dolore. aiuta a far capire la situazione. a ristabilire l'importanza delle cose. il male insegna, specie quello improvviso ".


Lezione tre pietà, lezione quattro perdono, lezione cinque l'amore, lezione sei il rispetto... lezione sette… non ho lezione da darti. Tu vedi solo questa scatola e ti fa schifo e pensi che la mia vita sia vuota, che il mio essere è fatto di oggetti e pensi di essere onnipotente perché stringi tra le tue dita sozze una lama, venti centrimetri di potere che ti dividono dall'essere uomo.



Ancora la tua voce in un sibilo che non so capire: "ne so di cose io, più di te che hai letto tanto. io so entrare in casa tua, meglio di te. apro le vostre scatole di merda io, tutte le notti, e insegno la vita a chi ci sta dentro. rubo accessori inutili, braccialetti, catenine, anelli, collane, soldi" che sono i miei ricordi, che sono la mia vita. Soldi che sono la mia rata di mutuo che non pagherò, che sono il bollo dell'auto, la visita che avevo prenotato, che sono anche quegli stivali che ho visto in vetrina e che volevo regalarmi perché me li sono meritati, perché ho lavorato sodo, perché sono fortunata sì e odiami per questo se vuoi.


"vivo nel buio. il giorno è troppo rumore, la gente fa chiasso. lo fa per non capire. la notte no, la notte capisci. anche la gente è diversa di notte. non fa chiasso. non serve. hanno paura. lo vedi dagli occhi. non vedono il dolore, ma lo sentono nel silenzio, e hanno paura. sono vivi, ecco, sì, loro sono vivi. per esser vivi bisogna vivere, se sai quello che ti succede minuto per minuto, ora per ora, giorno per giorno, non sei vivo un cazzo, passi il tempo e basta. vivere davvero è non sapere quello che può succedere. fuori, nella notte, non sai mai nulla. è dura, ma è vita. per questo vi chiudete nelle scatole. allora tocca a me portarvi un minuto o due di vita a domicilio.."


Ma cosa sai della vita, della mia vita. Tu che te ne stai nascosto nell'ombra e mi tieni immobile brandendo la tua lama, che hai bisogno di annientarmi per farti ascoltare. Che ne sai di cosa è stato ieri? Sei arrivato nel mio oggi fatto di pizzi a decorare una scatola che a te pare vuota e che a me pare un vaso di pandora pronto ad esplodere per tutto l'amore, per tutta la paura, per tutti i sogni, per tutta la passione, che contiene tutta la mia vita che tu disprezzi perché non sai cos'è, perché la vedi solo nel buio, e hai paura di guardala in faccia. E tu pensi di sapere cosa ti succederà tra un minuto? Potresti scappare e farla finita qui, potresti essere braccato come il peggior cane rabbioso, potresti morire o potresti innamorarti di qualcuno che non meriti. Tu che cazzo ne sai della vita della gente, tu che la rubi per un attimo di potenza sterile. Cosa ne sai? Hai solo certezze tra le tue mani callose, certezze che si stanno sgretolando in quel leggero fremito del labbro, in quel sottile scricchiolare di emozione che fa vacillare la tua forza e per un attimo intravedo l'uomo sbucare dalla notte.


Sento aria nei polmoni e passi pesanti si allontanano dalla mia finestra. Ritrovo la mobilità nelle dita, allungo un braccio per cercare il telefono e trovo un mucchietto d'oro che sono i miei ricordi e che ora sono anche il ricordo dell'Uomo che ho intravisto nella notte.


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