giovedì 4 ottobre 2007

Ecco la mia recensione finita in tempi insperati. Allora il titolo del quadro è doppio, così come doppi e multipli sono i simboli in esso contenuti. E' conosciuto come "La Fraude" o come "Allegoria del trionfo di Venere" l'autore è Agnolo Bronzino. Qui sotto vi copio la mia interpretazione. Premessa fondamentale per non urtare la sensibilità dell'Assessore: è la prima volta che mi appresto a dare una lettura di un quadro, usatemi clemenza.


"Di una bellezza ipnotizzante. La pelle candida che pare di sentirla in tutta la sua morbidezza. Una sensazione tattile di velluto fresco che scorre sotto le dita. Divina appunto. Una Venere di luce, accattivante e provocante, ma non volgare nella sua nudità. Eppure scabrosa nelle labbra socchiuse offerte come compiacente amante a Cupido che l’abbraccia toccandole un seno. Un abbraccio che è l'intreccio incestuoso e suadente di Amore e Bellezza, ma anche un abbraccio ingannevole se si pone attenzione alla gestualità delle due figure. Venere stringe nella mano del cuore un pomo d’oro, forse allettante dono per il figlio, o forse uno stratagemma per distrarlo mentre, con la mano destra ruba una freccia dalla faretra del dio distratto. Parrebbe così che la Bellezza riesca a distrarre l’Amore, riuscendo a derubarlo del suo potere e della sua essenza, (rappresentata dalla freccia, divino mezzo usato per fare innamorare i cuori), ma parrebbe per l’appunto. Cupido infatti, mentre finge di piegarsi al gioco ammaliante della madre, con una mano le accarezza lascivamente un seno, ma con l’altra sembra cercare di derubarla del diadema. Chi sia il vincitore in questo inganno è difficile stabilirlo, nell’arte e nella vita. E’ l’Amore che dipinge l’oggetto della nostra passione come l’emblema della bellezza o è la Bellezza ad ingannarci e a farci credere vittime dell’Amore quando lo siamo solo dell’immagine di esso?


Tornando a scoprire i segreti di questa tavola, mi viene difficile non pensare a quanto mi raccontava un amico che sosteneva che le donne e i quadri andavano osservati allo stesso modo. Diceva che occorreva iniziare con una rapida occhiata d’impatto, lasciandosi trascinare da emozioni fugaci e istintive per poi, piano piano, dare la caccia ad ogni piccolo dettaglio, anche il più minuzioso. Diceva che i piedi di una donna possono rivelare delle imperdonabili trascuratezze o svelare maliziosi dettagli, e l’arte era per lui da trattare allo stesso modo poiché i quadri, letti dal basso fornivano, nella maggior parte dei casi, la giusta chiave di lettura. Sarà dunque con il suo metodo che racconterò questo quadro. Partirò dai piedi del dipinto dove trovo una colomba, o almeno è questo che mi pare vedere di primo acchito, ma con uno sguardo più attento, vedo comparire anche il becco e la testa di una seconda colomba. Colombe dunque, icone di monogamia, tenerezza e purezza, eppure duplici e nascoste in questa tela. Poco sopra, poi, trovo un cuscino ove poggia morbidamente il corpo androgino di un Eros che non si può dire abbia connotati maschili, ma neppure femminili. Ancora questo senso di indefinito, di doppiezza, di immagine e riflesso.


Il mio sguardo sale e incontra due volti di donna. Una disperata Gelosia, ulteriore straziante elemento dell’Amore e un’altra donna, nemmeno a dirlo, che ha una duplice interpretazione. Qualcuno vede in lei Verità che aiuta il Tempo a svelare il significato reale della scena. Altre interpretazioni la identificano con la Notte, colei che copre con il suo manto gli amanti e guarda irosa il tempo tiranno, da sempre nemico dell’Amore. Di Cronos infatti è il volto austero del vecchio che tiene teso il manto dove Venere si adagia. Un manto celeste che ospita e nasconde. L’espressione corrucciata del Tempo è un’ interpretazione occidentale, e se vogliamo estremamente attuale, di un tempo tiranno che ci spaventa, che ci priva della giovinezza, della bellezza e della passione.


Fortunatamente, poco più in basso, troviamo un volto più conciliante. E’ il volto del putto paffuto che pare guardare divertito e complice l’abbraccio di madre e figlio (o degli amanti). Porta dei campanelli dorati alla caviglia e tra le mani ha petali di rosa di buon auspicio. E’ Gioco, ma Gioco è anche Piacere. Ancora un tassello in questo domino di olio su tavola. Una tessera che porta incisi due valori opposti, eppure stretti da intimo legame. Un abbraccio dunque al centro della scena. Un amore proibito che si perpetra sotto gli occhi del Tempo, del Gioco e del Piacere.


Ma chi nasconde Gioco? Un viso di fanciulla perfettamente roseo ornato da perle. Un viso d'angelo e un corpo di rettile (o forse coperto da squame di pesce). Un corpo orribile in contrasto con la perfezione del putto e alla delicatezza della veste di seta che lo adorna. Le mani, che portano in dono qualcosa, hanno una postura innaturale. Trovo tra i miei appunti il nome dell’arpia. E’ Frode. Porta in dono un favo di miele e un animale venefico. Ecco ancora questa duplice chiave di lettura che si ripropone, tra ciò che appare e ciò che è, tra una viso innocente e un corpo diabolico da nascondere e ancora tornano le mani a dare un’interpretazione del tutto. La mano destra è in realtà prolungamento al braccio sinistro e viceversa. La mano buona porta dunque in dono un regalo cattivo, l'animale appunto, mentre la mano cattiva porta in dono miele. Bene e male dunque contrapposti per l'ennesima battaglia. Ma cosa è Bene e cosa è Male? Quello che possiamo vedere con i nostri occhi o quello che è nella sostanza? E quello che ci hanno insegnato, possiamo considerarlo giusto o è forse invece un dono dalla mano cattiva? Se fosse tutta un'illusione disegnata ad arte? Doppio rievocato fin dal titolo dell’opera conosciuta con il nome di “Fraude”, ma anche di “Allegoria del trionfo di Venere”. Chi è dunque la protagonista, chi si cela o chi si espone? Con che occhi osserviamo? Quelli della prima fugace impressione che rimangono stregati da una meravigliosa Venere in una scena proibita e accattivante, o con occhi lenti e indagatori che scoprono e mettono a nudo ogni dettagli e ogni simbologia in esso contenuta? Stiamo guardando, io credo, la rappresentazione dell’inganno, dell’ipocrisia, del doppio valore di ogni immagine.


Mi viene da pensare che possiamo davvero essere tutto e il suo contrario agli occhi di chi ci osserva. La nostra immagine può indurre lo sguardo più superficiale, quello che si lascia ammaliare dalla forma più che dalla sostanza, a vedere in noi ogni immagine di diabolici peccati o di angelica apparenza . Ma ogni viso, ogni gesto, ogni esistenza nasconde un universo intimo di intenzioni e di ragioni che un solo viso, una sola immagine non può raccontare. Siamo duplici o multipli ancora più complessi. Sta negli occhi che ci guardano trovare la chiave per una giusta lettura, occhi talvolta stanchi e abituati all’apparenza, affaticati da lenti che ci deformano o ci nascondono l’essenza dell’essere. E sta in noi la voglia di svelarci in immagini d’impatto che mettano a nudo la nostra identità, oppure centellinarci in una pioggia sottile di simboli e messaggi codificati. Fino a poco tempo fa, avrei fatto della Verità assoluta una ragione di vita, oggi mi rendo conto che la Verità è un valore da difendere e proteggere, che spesso non può essere venduta a peso in qualunque mercato. Ha bisogno di filtri, di icone, qualcosa di universalmente riconoscibile. La verità è una casa che puoi vedere dall’esterno, spiarla dalle finestre, ricordarla ad un indirizzo sicuro, ma è anche quello che trovi dentro, superati i muri, aperte le porte. La verità è una Venere radiosa, o un’amante peccaminosa, o una Fraude che deframmenta e svela in un codice di immagini i molteplici significati di Vero. La Verità è una o è un complesso assommarsi di verità disgiunte?






6 commenti: