martedì 17 aprile 2007

NINFALE FIESOLANO



Potrei raccontare tante cose del mio week end. Cose dolci, come il cow boy disposto ad esaudire ogni mio desiderio, o come il paesaggio dolcemente adagiato e cullato dai verdi appena nati. Potrei parlare di Marco e Silvia, i due gestori, una tavola apperecchiata di allegria e gente vera. Potrei parlare dell'Ambrogia, che a giorni partorirà un ciuchino nuovo di zecca, o di Biagio che ci aspettava fuori dalla camera con la pigna in bocca pronto per giocare fino allo sfinimento.



E invece parlerò di una via, la via Boccaccio a Certaldo alta, che in pochi metri quadrati ha racchiuso quella che, secondo me, è una faccia della Toscana: una convivenza millenaria di antico e nuovo.

Un baretto piccolino, incastrato tra volte di mattoni e profumi di lecornie immortali. Odori lenti, rumori discreti, niente auto. Un ragazzo antico serviva ai tavoli e nell'aria una leggerissima contaminazione jazz. Un vecchio poi sedeva tavolino, un sorriso gentile, un bicchiere di grappa sincera delle vigne autoctone e un bimbo dalla voce squillante, si gustava un gelato nella panca vicina.


Si stava lì seduti all'aperto, cullati da un venticello primaverile insolente e allegro mentre si mangiava un tagliere di salumi tagliati al coltello (un lardo divino) e pane toscano con un pohino di sale. Ero lì, che godevo di ogni senso, che pensavo al Boccaccio che aveva dimorato lì proprio in fronte a me e poetavo nei pensieri, non sapendo farlo nello scritto.


Poi, il giovane antico e il vecchio moderno, si sono messi a discutere uscendo in su la via. Il giovane, poggiato mollemente sul laterizio della facciata di fronte ascoltava, incolto, i consigli dell’anziano: “tu c’ha da mettere l’ADSL che c’hai internet 24 ore al giorno, tu nun l’ha capito, che con AliSCe te tu paghi poho”.


Io ridevo, ascoltando l’anziano cibernetico lasciare di stucco il giovane obsoleto. Il piccolo poi, gelato ormai finito e ricciolini neri smossi dal vento, coronava la situazione paradossale con parole dolci ed innocenti “nonna, qui l’è tutto un trojaio”





Amor mi fa parlar, che m'è nel core

gran tempo stato e fatto n'ha su'albergo,

e legato lo tien con lo splendore

e con que' raggi a cui non valse usbergo,

quando passaron dentro col favore

degli occhi di colei, per cui rinvergo

la notte e 'l giorno pianti con sospiri,

e ch'è cagion di tutti e' mie' martìri.


Amor è que' che mi guida e conduce,

nell'opera la qual a scriver vegno;

Amor è que' ch'è mia scorta e mia luce,

e che di lui trattar m'ha fatto degno;

Amor è que' che mi sforza ch'i'dica

un'amorosa storia molto antica....


(Ninfale Fiesolano, G. Boccaccio)

10 commenti:

  1. racconto breve ma intenso, non c'è che dire! e ciò che conta è che siate stati bene, naturalmente!

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  2. come no... sale e olio buono.... slurp....

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  3. il sale era INTO la pasta .. però "pohino" :)

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  4. Anch'io vojo una vacanza così!

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  5. linea... se vuoi passo gli indirizzi a chi di dovere ;)

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  6. per noi toscani il pane toscano ...è... il pane.
    Quello pugliese per esempio è salato, quello che per voi è normale per noi è sciocco (potrei dire insipido ma non sarebbe lo stesso). Siamo, come tutti, un po' troppo pieni di noi stessi (vedi albion)

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  7. Ottima scelta, quella di descrivere quell'angolo non del tutto allineato nello spazio-tempo contemporaneo.
    Come il jazz fra quelle vecchie mura, le parole fra le persone: grappa autoctona, Alice ADSL.

    In fondo, ha ragione il bimbetto che corona il racconto.

    E non potevi trovar citazione migliore.

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  8. grazie will..... profemate però sui vostri salumi siamo tutti daccordo :)

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  9. ...veramente il salame di Varzi... ops...

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