mercoledì 11 gennaio 2012

Antonia Pozzi

Ogni uomo, ogni singolo uomo, dovrebbe assistere ad una serata come quella vissuta ieri sera. Incontri culturali, promozione di una poesia da pro loco, poco più di un nulla banale se non fosse per l’amor di confine provinciale. Ho pensato fosse giusto sostenere l’idea di sfruttare un locale modaiolo (altrimenti poco lucroso di lunedì) deciso a convertirsi ad un sodalizio bizzarro nella fattezza e lodevole nell’intenzione: poesia e aperitivo, due realtà inscindibili nella mia personale concezione lombarda. Ma cotanta beatitudine locale non poteva essere degustata da sola, la cultura è condivisione, l’aperitivo ancora di più, e quindi come non tediare l’amico acculturato di fiducia.


O almeno, così era prima della serata di ieri sera, finita con un “questa me la paghi” sussurrato nelle ultime file, quelle tattiche, vicino all’uscita che abbiamo guadagnato con largo anticipo sulla naturale moria, ehm, fine dell’evento.


La poetessa Antonia Pozzi era la tributaria di cotanto impegno cittadino. No, non mi entusiasma, retorica, scontata anche per gli anni ’30. Niente di più di una ragazzina ben acculturata che smaniava di libertà e sospirava d’amore. La sua poesia non mi rapisce, anche se apprezzo sempre lo sforzo di chi spoglia la mia Milano con occhio poetico. Ma. A tutto c’è un “ma”. Passi che la vergine suicida non mi piaccia, ma essere rappresentata da un simil uomo, pseudo donna, scimmiottato da poetessa (intenta a rivoltarsi nella bara), che con voce testosteronica travestita da tanga troppo stretto, recitava poesia fingendosi la reincarnazione della suddetta sventurata poetessa, è davvero troppo!


Quello che capita quando gli uomini, nel senso maschile del termine, non riescono ad accettare che una donna, tanto più una poeta(essa), possa rubare per qualche istante, il microfono ad un impianto audio mal messo e a dei riflettori. Ogni uomo, ogni singolo uomo, dovrebbe assistere ad una serata come quella vissuta ieri sera, dove la lontananza dei due emisferi è così violentemente e tristemente rappresentata. Vedere, ascoltare, toccare con mano quanto sia brutto e volgare un uomo che non riesce a capire una donna e che preferisce derubarla, denigrarla, deturparla, violentarla e smembrarla piuttosto che ascoltarla. Quanto sia ridicolo un uomo nei panni di una donna, quanto sia maldestro e inguardabile quando cerca di rubarne l’arte dell’essere.


Uomini, uomini che parlano di e con le donne, uomini che amano le donne, che le comprendono, che le tengono dentro, che le sostengono e le complementano, quello sarebbe stato uno spettacolo degno… seppure utopico e surreale. Per fortuna il buffet era piacevolmente piccante.

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