giovedì 15 aprile 2010






Piccoli stralci di felicità che si fanno strada tra questi equilibri ondeggianti di "perchè". Come oggi, all'uscità dell'università: un tramonto di primavera, il finestrino abbassato per afferrare uno stralcio d'aria e un blues d'autore. La musica usciva dalla macchina e invadeva la città. Per un attimo non c'è stato un dentro e un fuori: eravamo la strada, e la gente, e la musica, e le vetrine, e i bar di brera di nuovo popolati. Tutti fuori, di testa, d'auto, al tavolo esterno, tutti dentro la città. Come i volti che si affacciano alla finestrino della mia vita. Volti che abitano fuori di qui e che mi appartengono. Vite che si allontano e poi tornano e vite che non sono mai andate via, che mi sono state accanto ogni giorno da che siamo un "noi" e non c'è un vero perchè. Non è facile dare un nome ad ogni volto che incontro, che vedo fermo sul marciapiede, che vive la sua vita e si distrae solo un po', quando passa la mia macchina musicale. Un sorriso, un pensiero lieve, a volte sono solo questo, a volte mi basta essere questo. A volte.

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