giovedì 25 febbraio 2010



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Tanto sono già qui, in pieno ritardo con la vita, in quell'ora così tarda che una pausa seduta sul marciapiede non può fare ormai molta differenza. Ho aspettato trent’anni sui tram di questa città trasportata da luogo a luogo con un preciso compito, con un appuntamento così improrogabile da meritarsi anche un trucco adeguato e un tailleur senza personalità. E adesso invece rallento, scendo dai tacchi, abbandono le carte e respiro quest’aria malata che oggi sembra essere lieve, più leggera, è certo, di quel cemento che mi immobilizza i polmoni.


E pensare che vengono anche dal Giappone per fotografare questa facciata fatta di stalattiti marmoree. Guardali là, impeccabili turisti attenti e la guida con l’ombrello che a raccontarla sembrerebbe l’inizio di una barzelletta: “c’era una guida con l’ombrello e un Giapponese….”. Tra cinque minuti quel Giapponese saprà molto più di me di questo marmo sul quale siedo e provo una gelosia violenta come se questa città oggi fosse solo mia.


Suona il cellulare, la realtà mi vuole rubare l’anima ma oggi non ci sono. Per nessuno. Oggi sono nessuno.


1 commento:

  1. In quel ora? Forse è meglio se lo correggi con "in quell'ora"...

    sole

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