giovedì 7 luglio 2005




Eccoci di nuovo…lo hanno rifatto. Questa volta hanno colpito la mia Londra. Lì a Russel Square avevo l’hotel nel ’99, il Royal National. E Liverpool Station è due fermate di tube da dove ero poco più di due mesi fa, a Sant Paul. Sono basita chiaramente. Basita anche dalla rassegnazione che in un certo senso provo. Non è lo sconvolgimento dell’11 settembre, quasi mi stessi abituando. Per certi versi una “liberazione”. So che è orribile. Sapevamo che sarebbe accaduto, ma non sapevamo quando…almeno fino a questa mattina. E i prossimi siamo noi, lo sento. Non è per gufare. Non so cosa dire, ma qualcosa DEVO dire, perché non mi voglio abituare a tutto questo. Ecco mi viene in mente un percorso. Metropolitana di Londra. Ci si mette circa un ora dall’aeroporto di Heathrow al centro della città. Il primo tratto nei sobborghi è fuori terra. Si costeggiano le case di mattoni rossi e bowindi all’inglese che adoro sempre, anche quando sono in fatiscenti costruzioni. Poi ci si interra. Km nel buio alternato a flash di neon e nomi di stazioni. Già solo per il fatto di essere in metrò ti senti Londra dentro, con il primo insegnamento di vita che puoi apprendere “MIND THE GAP”. Ricorda il gradino, ricorda il salto, ricorda che ti puoi fare male e ricorda che qualcuno qui ti avvisa ad ogni stazione. E poi arrivi in centro, esci dal buio della tube e i tuoi occhi ci mettono un secondo per abituarsi alla luce, come quando schiacci un pisolino in spiaggia e ti svegli un po’ frastornato. E poi sei lì. In un cuore che batte tra lentiggini e visi pallidi. Va tutto al contrario e tu ci sei in mezzo e senti improvvisamente che la tua vita va per il verso giusto. E’ tutto grande, anche nelle piccolezze. E’ tutto un contrasto di nuovo/vecchio, sdrumato/fashion, antico/futuro. E tu sei lì e ci sei dentro. Con la tua voglia di gridare mentre ascolti il silenzioso polmone verde di Hyde Park respirare con te. E poi ancora fuori, ancora strada, ancora caos. Sei su di un bus che incrocia Regent Street e ridi perché solo lì potresti trovare contemporaneamente in attesa del verde, un bus rosso a due piani, un taxy nero che sa di antico, un Harley, un risciò cinese e la polizia a cavallo. Non puoi essere sbagliato in una città che ama ogni cosa e che soprattutto ama la vita. La vita quadrata della city che parla ancora per immagini, con gli abiti gessati che hanno preso il posto delle bombette. Con la vita artistica di studenti che sognano un futuro studiando nella poetica Leicester Square. La vita di immigrati indiani che hanno ormai il monopolio dei daily. La vita dei pochi punk not dead di Covent garden. La vita scandita dall’ombra del Big Ban nella City of Westminster. La vita, la storia e il prorompete futuro che passeggia con te nel Bankside, dove un tempo era tutto sbagliato e che oggi è un gran futuro. La vita dei ponti che uniscono là dove prima la ferita del Tamigi divideva i giusti dagli incompresi. Come puoi non sentire questa vita? Voi siete morti dentro per non amare tutto questo. Siete morti dentro, voi che vi lasciate plasmare da idee di devastazione perversa. Morti dentro voi che non guardate negli occhi le vostre vittime perché non avete nemmeno il coraggio capire le vite che spezzate. Morti dentro voi che non provate orrore e amore. Nulla di quello che fate sa di grandioso. Nulla di quello che fate ci fermerà. Nessuna vita, persa oggi o all’ 11 settembre e ancora l’11marzo sarà stata sacrificata invano. Restiamo vivi contro i morti dentro. Ogni gradino può essere superato se qualcuno ci tiene per mano.


MIND THE GAP

1 commento:

  1. Chiunque alimenti questa strategia del terrore, siano essi estremisti religiosi, governi imperialisti o avversari politici è morto dentro.

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