domenica 21 marzo 2004

monica

21 MARZO : “LA RAGAZZA GRAFFIATA”



La vidi la prima volta su di un palco. Credo fosse un lunedì sera, una jam session in quel locale da immaginare.



Non sapevo che sarebbe diventata “lei”. Coperta dalla pelle dei suoi vestiti e dal metallo della cintura, la sentivo cantare. Un piede davanti all’altro, stringeva il suo microfono e gridava con quanta rabbia avesse in gola. Non mi piacque quell’esibizione. Era troppo aggressiva, troppo fuori dalle sue corde, archiviai quella ragazza come “la ragazza graffiata”. Non so perché, ma la vedevo arrabbiata, sulla difensiva.



Passarono un paio di settimane, non pensai più a lei. Ritornammo in quel locale da immaginare, fatto solo di atmosfera. C’erano ancora i nuovi amici, volti all’epoca poco più che conosciuti. Il mio compagno mi aveva avvisato che quella sera ci sarebbe stata anche una nuova ragazza. Entrammo. La vidi là nell’angolo, seduta a parlare con il nostro amico, sembrava più piccola vista giù dal palco, quasi intimidita. Stavano impostando la scaletta per la serata e non mi sentii di interferire. D’altra parte anche io ero appena approdata a quel nuovo mondo, a quei nuovi amici e non mi sentivo ancora a mio agio. Ci salutammo da lontano e colsi in lei un’espressione diversa, più rilassata.



Furono così le prime due volte che vidi Monica. E ancora oggi, ritrovo in lei le sue due immagini. Ha un aspetto deciso, ma ora riesco a cogliere in lei uno sguardo nuovo: dolce e intenso.



Mi aveva decisamente incuriosito quella strana ragazza tutta da scoprire, mi accorsi con il tempo che ci stavamo avvicinando. Penso che all’inizio fossimo entrambe confinate nel ruolo “la ragazza di….”. In realtà erano i nostri due compagni ad essere amici e noi ci trovammo vicine di conseguenza, quasi per caso.



Una sera avvenne una svolta. Ci invitò a casa sua per una cena. Sarà per deformazione professionale, ma mi piacque subito l’idea di andare a casa sua. C’è un universo dietro la porta di ogni casa, di cose inespresse. Miriade di piccoli oggetti insignificanti, che però, messi lì, in quel contesto, prendono ad avere un significato unico e indiscutibile. Era da poco andata a vivere da sola ed ero curiosa di chiederle ottomila cose, visto che a breve anche io avrei fatto il grande passo. Quando mi disse che le prime sere furono difficili anche per lei, mi sentii subito meglio. Pensavo di aver paura solo io! Mi sentii vicino a lei come fosse una sorella maggiore, nonostante fossimo coetanee.


Nella casa trovai la conferma della dolcezza che avevo intuito nei suoi occhi e la profondità di una ragazza che non lascia i sentimenti al caso. Videocassette e libri non banali, facevano da cappello alla collezione dei puffi. Un profumino di cibo, era il preludio di un’ottima cena. Parlammo tutta sera senza imbarazzo, trovammo molti punti in comune e mi piaceva vedere che anche i nostri compagni erano rilassati e sorridenti. Capii soprattutto che anche lei, come me, sentiva di aver vissuto la vita più intensamente dei ragazzi della nostra età. Sarà perché la vita la decidiamo noi, errori compresi, e comunque la viviamo sempre in prima persona, sarà perché entrambe abbiamo avuto compagni più grandi, sarà che le risposte le vogliamo trovare dentro di noi, vivendole e pensandole senza ipocrisie e falsi moralismi.



Per quanto mi riguarda, quella sera cambiò tutto. Decisi che quella “ragazza graffiata” della prima sera, aveva lasciato il posto ad una donna interessante, che volevo assolutamente imparare a capire. E lo ammisi anche! Ne ridemmo quando gli confessai che la prima volta, mi aveva dato davvero un’impressione negativa. Adoro sbagliarmi in questi caso, chiedo ancora umilmente scusa.


Da allora è un crescendo. Anche la sua voce è cambiata. Non è più un grido: è più calibrata, più dolce e calda. Di serata in serata, mi accorgo delle prove che fa. E me la immagino, la domenica pomeriggio, rifugiata nella sua casetta con il suo compagno e una chitarra. Vedo, mentre suonano insieme, i gesti di intesa e le sua iniziale insicurezza lascia il posto piano piano ad un sorriso e al divertimento. Girà per il palco, sistema i suoni, gira le pagine del leggio, non sta ferma un secondo. Quando fa un passaggio impegnativo, si gira verso di lui, lo guarda, e trovano l’intesa. Difficilmente guarda il pubblico, ma il pubblico guarda lei e la segue canticchiando insieme, perdendosi nei ricordi e nelle emozioni di quei classici.



Quello che davvero mi piace è il modo che ha di accogliere le persone. Non è mai banale, se ti sorride è perché le và. Il mese scorso, per esempio, siamo arrivati a sorpresa in un locale dove cantava. Ci ha sorriso dicendo “Che bella sorpresa”! Ci ha accolto con calore e penso che stia scoprendo solo ora, leggendo, che è stato un gesto forse istintivo per lei, ma del quale, in quel momento, avevo assoluto bisogno.



Oggi è il primo giorno di primavera, è il suo compleanno, per questo scrivo queste righe. Non so nemmeno se le farò leggere a lei. Nel caso sentiste qualcuno gridare: “Scemaaaaaaaa seiii fuuuuuuuuoriii!!!” non ponetevi altri quesiti: è semplicemente Monica che ha letto questo scritto. Lei è così ed è grande per questo.




2 commenti: