C'è differenza tra dentro e fuori. La corsa, il taxi lasciato senza attendere il resto, i tacchi sul selciato, la città con gli echi ancora accesi di un lunedì di lavoro. Dentro tutto si attutisce ad ogni spirale di scale, tra marmi, velluti e manifesti antichi alle pareti. Un attenuarsi di superfluo che non sopravvive fino al loggione. Porte, gallerie, porte, poi silenzio. Il frusciare del vestito, il battere del cuore, la musica tra i capelli, ogni cosa è superflua in quella perfezione di silenzio. Giù, in fondo, ebano, avorio e pelle. Gli sguardi immobili, volti verso quel punto in una viglia di tensione. E poi cristallo, e un rincorrersi, un abbandono, un gioco, una passione, un viaggio, un pianissimo adagiarsi sulla pelle fatta corda. Dita allungate di diesis e di bemolli suonano brividi d'aria, smossi da parole rimaste tra le labbra.
Uno spettacolo ai miei piedi, per la mia serata perfetta, servito da stucchi dorati e ricostruzioni continue che hanno lasciato un segno in ogni epoca sedutami attorno. Capelli canuti su sorrisi lievi, e borse firmate su abiti eleganti, ma anche dita fanciulle che suonano la fantasia e scarpe comode per chi ancora deve farne di strada.
E poi Milano, con lucciole dimenticate lì ancora per un po'. Un freddo gentile. Un sorriso solo in cerca di armonia che mi carezza. Locali chiusi che mi spingono a camminare in una notte perfetta che non dovrebbe finire mai, abitata da volti e voci che si incontrano e si sovrappongono fino a creare un'immagine sola ... che somiglia a me.
Grazie Zio, per avermi guidato in questa meravigliosa scoperta e per aver realizzato un mio sogno.
Tanti anni fa te l'avrei suonata io...
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